mercoledì 18 luglio 2012

La spiaggia ed il suo utilizzo... (2011)

“Ed il mare concederà agli uomini nuove speranze, così come il sonno  porta i sogni...”. Con queste parole, più di cinquecento anni fa, il grande navigatore Cristoforo Colombo descriveva con vivida partecipazione un rapporto antico, ma sempre attuale, dell’uomo con il mare. Grande alleato dell’umanità, fonte di cibo, di ricchezze, strada privilegiata di commerci e scambi culturali, ma anche nemico temibile, pronto a riaffermare in ogni momento grazie alla sua furia la propria supremazia sul genere umano. Il mare per secoli ha rappresentato il centro di gravità di ricchezze e povertà, di culture e violenze, di fughe ed esplorazioni ed ancora oggi, mentre i cieli vengono solcati sempre più frequentemente da aeromobili in grado di portare l’uomo da un capo all’altro del mondo in tempi sempre più ristretti, la grande distesa blu non ha perduto certamente il proprio fascino, rappresentando ancora il cuore pulsante e la linfa vitale di culture e paesi di tutto il mondo. Il mare non è solo acqua, però, ma è anche porti, navi, scogliere, golfi e spiagge, centri di vita che ne solcano la vastità oppure che si distendono lungo il suo confine naturale quasi a coronarne e delimitarne gli estremi limiti. Se però i porti e le insenature, luoghi adatti ai commerci ed agli scambi culturali, per secoli non hanno mai mutato sostanzialmente il proprio volto, tutt’al più adeguandosi alle nuove tecnologie ed ingigantendosi con l’aumentare della popolazione, è la funzione e la fruizione delle spiagge che nell’ultimo secolo è stata sostanzialmente rivoluzionata.
Oggi assistiamo infatti ad un turismo massificato che sempre più assiduamente si riversa nei finesettimana e nei mesi estivi sui litorali di mezzo mondo, un turismo che non ha avuto eguali nella storia, segno di un panorama sociale fortemente mutato rispetto a quello vigente fino alla fine dell’Ottocento. Nei secoli passati, infatti, le spiagge non sono mai state meta di grandi soggiorni: Gli antichi romani avevano le loro terme cittadine disseminate per tutto l’impero per rilassarsi, nobili e signori del medioevo e rinascimento, durante gli afosi mesi estivi, si rifugiavano nei propri palazzi di campagna, tra ville e giardini, grandi fontane e riserve di caccia, lontano dalla calca e dal calore delle città, ma non amavano frequentare le zone costiere come accade oggi. Il mare ed i suoi confini erano riservati ai villici, ai poveri pescatori dalla pelle abbronzata e scavata dalla salsedine, tutt’al più ai mercanti che dovevano aver a che fare con il mare a causa dei loro commerci, ma non certo alla classe dei “privilegiati”. I poveri campagnoli o cittadini, dal canto loro, avevano tutt’altro a cui pensare, tra povertà e incertezze economiche, per poter progettare scampagnate fuori porta verso le mete di un turismo balneare ancora al di là da venire. Saranno i periodi posteriori alle due grandi guerre mondiali, soprattutto la seconda, a dare una svolta democratica e “massiva” ai litorali. Saranno la ripresa economica e l’affermazione di un turismo più “borghese”, con gran parte della popolazione in grado di spostarsi più agevolmente grazie all’incremento dei mezzi pubblici oppure alle automobili, che durante i finesettimana di riposo dal lavoro salariato affermeranno definitivamente il turismo marittimo così come lo conosciamo oggi. Famiglie, giovani ed anziani, gruppi di amici in rotta verso il luoghi di villeggiatura, si sono costantemente incrementati negli ultimi sessant’anni anni andando a delineare un fenomeno di massa cui nemmeno i nuovi “ricchi e potenti” hanno saputo sottrarsi. Ormai le spiagge sono prese d’assalto anche dai cosiddetti “VIP” che, pur provando a non mescolarsi indiscriminatamente con il resto della popolazione che li circonda, non hanno potuto resistere alla tentazione del mare e della “tintarella”. Se nei secoli passati una corporatura florida unita al pallore della pelle, con le relative venature bluastre che trasparivano dai corpi burrosi della classe dirigente dell’epoca, divennero sinonimo di nobiltà (il cosiddetto sangue blu), oggi questa prospettiva si è sostanzialmente ribaltata. Ciò che prima era appannaggio del volgo, i corpi smagriti e cotti dal sole, oggi è uno status sociale fortemente ricercato (soprattutto nella cultura occidentale) che ha costretto anche le classi più agiate ad una continua rincorsa alle diete oppure all’abbronzatura in ogni stagione dell’anno. La modernità portata dall’affermazione della borghesia, insomma, ha riscattato i simboli di quella che prima era la plebe, restituendogli dignità e blasone, spazzando via nel contempo i vecchi stereotipi dell’aristocrazia, mettendo inoltre a disposizione di tutti ciò che prima era appannaggio di pochi. E’ più che ovvio che, nell’ottica di un rivolgimento culturale così profondo della società, anche le spiagge abbiano subito numerosi e radicali cambiamenti. Tanti tratti costieri liberi si sono trasformati in stabilimenti, bar, ristoranti, centri sportivi sono sorti lungo le rive del mare insieme a tutto un universo di strutture ricettive e ricreative che ne hanno arricchito l’offerta e le potenzialità. Questa sostanziale “nobilitazione dei litorali”, pur alimentando il turismo e facendo la fortuna di piccoli e grandi imprenditori, ha creato numerosi problemi a livello legale visto che le spiagge, come tutti i beni immobili dello Stato (almeno in Italia), sono parte del Demanio Pubblico (in questo caso Marittimo). Un bene di tutti, invendibile ed irrinunciabile, cui tutti i cittadini dello Stato possono e devono aver libero accesso. Aree del Demanio non possono quindi essere acquistate oppure vendute, ma possono essere date in concessione a privati purchè essi le valorizzino e le rendano maggiormente fruibili alle esigenze del turismo moderno. E’ proprio di quest’anno, però, la polemica del partito dei Verdi contro l’eccessiva crescita degli stabilimenti a pagamento sul litorale di Ostia, ad esempio, con quasi l’80% di spiagge a pagamento ed il solo 20% di aree libere e pubbliche. Polemica sacrosanta, visto che sul litorale romano gli stabilimenti, oltre a proliferare indisturbati pur al di sopra dei limiti massimi concessori imposti dalla Legge, si rifiutano ancora di applicare persino le norme comprese nella finanziaria del 2007, continuando ad imporre un pagamento anche per il solo accesso alla spiaggia. Per carità, far pagare per un servizio come il lettino oppure l’ombrellone, per l’accesso a campi sportivi oppure ad altre strutture ludiche è sostanzialmente giusto. Il gestore dello stabilimento, infatti, avrà a sua volta investito tempo e denaro per la loro messa in opera e manutenzione e desidererà ovviamente rientrare delle spese ricavandone anche un lecito guadagno, ma l’accesso alla battigia è e dovrebbe rimanere un diritto garantito e gratuito. Starà poi alla lungimiranza ed all’intelligenza degli stessi imprenditori comprendere come alcuni dei servizi e delle strutture più importanti possano essere ugualmente concessi a titolo gratuito a tutti puntando, più che sul ristretto guadagno a breve termine, su una promozione di largo respiro della propria area di pertinenza. Nello stesso modo sarà interesse di chi eroga questo genere di concessioni (i Comuni che fanno da tramite per l’Agenzia del Demanio) imporre canoni ragionevoli per chi metta a disposizione di tutti questo tipo di servizi, per chi privilegi strutture in legno, ad esempio, rispetto a costruzioni cementificate maggiormente invasive del territorio e per chi organizzi diligentemente le proprie aree di spettanza nel rispetto della sicurezza comune e delle Leggi dello Stato. “Vexata quaestio”, insomma, quella della lotta tra chi concepisce la spiaggia solo come distesa sabbiosa cui debba essere perennemente garantito accesso indisturbato e gratuito a chicchessia, senza controlli ed allestimenti di sorta, e chi invece la vorrebbe sempre più attrezzata, dotata di bar, ristoranti, campi sportivi e aree per bambini oppure anziani sempre più fornite. Diatriba mal posta, a nostro avviso, perchè mancante di una fondamentale domanda da porre “a monte” agli utenti di ogni lido: Per quale motivo scendere in spiaggia? Può sembrare un quesito banale, ma potrebbe diventare la pietra angolare dell’intera questione... Ogni persona che sceglie di trascorrere alcune ore sul litorale lo fa infatti per motivi diversi. C’è chi ha solo voglia di distendersi al sole e godersi la calura, facendo ogni tanto qualche bagno rinfrescante. Per questo tipo di utenti ogni lingua di sabbia, ogni battigia, ogni tratto di costa, custodito oppure no, attrezzato oppure completamente selvaggio, potrebbe fungere allo scopo. C’è chi invece, annoiandosi nell’ozio tout court e nel “dolce far niente”, ha sempre bisogno di aree ludiche oppure attrezzate di ogni tipo, da quelle per i bambini a quelle giustamente riservate ai portatori di handicap. Giochi di tutti i generi per i più piccoli, miniclub, bagnini professionisti che vigilino sul rispetto delle norme di sicurezza, docce e toilets, pedalò, campi di beach volley, di beach soccer oppure di bocce, zone wireless per la connettività al web, corsi di acquagym, di nuoto, diving per sub dilettanti oppure professionisti, aree per chi voglia scoprire i rudimenti della vela, del surf, windsurf e kitesurf, dello sci d’acqua, luoghi debitamente riservati ai disabili, appositi recinti destinati agli animali ed ai loro padroni. Accanto a tutti questi servizi non si possono dimenticare: bar, ristoranti, aree di ristoro e di ritrovo, pub e discopub on the beach, tutti luoghi elettivi di un turismo che chiede alla spiaggia di re-inventarsi continuamente come polo di aggregazione per ogni età, come “policentrica metropoli balneare” capace di coniugare l’antico fascino del mare con tutte le comodità e gli stimoli della modernità. Queste due visioni, apparentemente in aperto contrasto, possono però coesistere alla perfezione le une accanto alle altre, nel rispetto delle leggi vigenti nel nostro paese che assegnano rigide quote percentuali alla distribuzione fra spiaggia libera ed in concessione, nel rispetto di entrambi i tipi di utenti. Come sempre, quindi, è nell’equilibrio delle parti e delle diverse esigenze che va ricercata la risposta ai problemi pratici che ogni giorno si pongono alla nostra attenzione. Da un lato le spiagge libere con i propri aficionados, che avranno il privilegio e l’onere di essere padroni del proprio tratto di mare, di proteggerlo dagli abusi e dalla sporcizia, nel rispetto del patrimonio naturale che è un Bene Comune della comunità. Dall’altro lato gli amanti degli stabilimenti ed i gestori degli stessi, che avranno il compito non facile di rendere il proprio tratto di spiaggia più appetibile di quelli altrui, attraverso l’investimento di capitali e la messa a disposizione di servizi gratuiti oppure a pagamento a beneficio dei propri utenti, pur mantenendo salvo il diritto di chiunque all’accesso libero alla battigia. Visioni diverse, ma un unico scopo: quello di continuare a godere della millenaria suggestione del mare e delle sue coste, ognuno secondo le proprie possibilità ed esigenze, nel rispetto del prossimo e di un patrimonio naturale di cui l’Italia è indiscussa detentrice.

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