mercoledì 18 luglio 2012

L'anno zero della sinistra italiana... (2008)


Con l’ultima, decisiva, pietra tombale targata AN si chiude a Roma la stagione elettorale 2008. Una stagione che ha visto un vero e proprio tracollo della sinistra ed un’affermazione profonda ed incontrovertibile delle destre. Dagli scranni del parlamento al poetico Palazzo d’Orleans di Palermo, dalla Madonnina milanese alla monnezza campana, dalle nebbie padane all’assolata collina del Campidoglio ovunque svettano ridenti i vessilli di una destra che ha vinto e convinto al di là di ogni sua più rosea aspettativa. Proprio a Roma, “laboratorio della sinistra giovane ed innovativa” si è consumata l’ennesima sconfitta del PD e di tutti i suoi seguaci. Veltroni e compagni hanno peccato di presunzione e di miopia verso quello cui stavano andando incontro nel ricandidare per la terza volta un ex come Rutelli. Pensando che Roma fosse il loro “giardino privato” hanno creduto di poter mettere in scena un gioco delle poltrone che ha disturbato tutti.
Con il prematuro addio del Walter nazionale si sarebbe potuto sfruttare la credibilità e l’oggettiva forza che la sinistra aveva dimostrato di avere a Roma candidando un emergente. Anche lo stesso Zingaretti. Invece si è optato per quella che tutti credevano la “scelta sicura”. A volte persino nelle leggi si può ritrovare un grano di saggezza... Se è fatto divieto a chicchessia di presentarsi per tre volte consecutive per la poltrona di primo cittadino ci sarà pure un perchè... In 7-10 anni di governo un sindaco, per quanto bravo, onesto e in gamba, finirà per scontentare più gente di quanta non ne abbia accontentato. E’ la fisiologica malattia del potere che attira su chi lo esercita gli strali degli scontenti che inevitabilmente si nascondono dietro ogni decisione dell’autorità costituita. Ogni parcheggio costruito avrà accontentato qualcuno e scontentato altri, ogni albero piantato, ogni buca non prontamente riempita, ogni disservizio del metrò ed ogni categoria toccata, una volta o l’altra, da provvedimenti impopolari ancorchè necessari. E’ difficile spiegare ai sempliciotti che si districano tra le ZTL della capitale che il problema del traffico romano è praticamente irrisolvibile, qualsiasi parte politica vada al governo. E’ ancor meno facile spiegare come la convivenza pacifica e (se possibile) perfino produttiva con i rom e gli extracomunitari sia un valore cento volte più importante di una politica delle ruspe e dello scontro etnico. Di fronte a tutto questo la domanda è chiara: perchè ripresentare chi, pur avendo lavorato bene, porta con sé anche tanta insoddisfazione per quello che avrebbe già potuto fare e non ha fatto? Il popolo ha la memoria corta. Se a Roma fanno più notizia gli isolati stupri e uccisioni di qualche cittadino da parte di alcuni disadattati di etnia rumena, fatti gravissimi, intendiamoci, ma molto meno frequenti che in tante altre città italiane, a nulla valgono le notti bianche e le feste del cinema. E’ certamente facile parlare oggi, nel day after di una disfatta che brucia, ma chi di politica e di umori del popolo dovrebbe intendersene avrebbe dovuto fiutare questo malessere e questa insoddisfazione. Ripresentare Rutelli è stata la scelta più facile, ma allo stesso tempo più pericolosa da parte del PD. Si è esposto un uomo dal grande passato politico (sia da sindaco che da ministro) ad un pericoloso ritorno alle origini. Se avesse ottenuto la vittoria essa avrebbe fatto poco clamore, viste le due precedenti affermazioni, se (come è stato) ci fosse stata una sconfitta sarebbe stata un’umiliazione difficile da digerire. Il tutto contro un candidato che era dato come già perdente (perchè già lo era stato) e che non aveva nulla da perdere in questa impresa, ma (come si è visto) tutto da guadagnare. Rivincita privata su una città che solo due anni fa lo aveva sbeffeggiato e sull’altra parte politica, la cui paura di rischiare è stata pari solo alla sua miopia nel leggere gli umori del popolo. Il Partito Democratico, il partito delle primarie, della democrazia “dal basso” del rinnovamento, non ha trovato di meglio che candidare a sindaco della capitale un uomo che già aveva dato tutto quello che poteva alla causa della città. Gli elettori non hanno gradito e hanno punito tanta sfrontatezza da prima repubblica. Per la sinistra, per i comunisti sbattuti fuori dal parlamento, per Veltroni, Rutelli e compagnia bella ce n’è abbastanza per parlare di disfatta piena. Il dato di fatto è che la destra ha saputo interpretare e cavalcare al meglio il diffuso senso di paura per il presente e per il futuro, il disagio sociale ed anche una nemmeno troppo sottile xenofobia. I suoi esponenti hanno promesso al popolino meno tasse, la protezione di alcuni bizzarri particolarismi e la risoluzione delle controversie democratiche a suon di manganelli squadristi. Questo il popolo voleva e questo avrà. Oltre all’indubbia capacità (ed onnipotenza) mediatico-pubblicitaria berlusconiana nei mesi di campagna elettorale, la destra non ha promesso più di tanto. Il guaio, semmai, è che la sinistra, dai comunisti fuori dalla storia a quelli parlamentarizzati che stanno bene solo all’opposizione, fino ad arrivare al Partito Democratico, non ha saputo dare un orizzonte alle speranze ed ai bisogni di un popolo scontento che, visto il momento non facile, ha preferito una precipitosa svolta a destra.  

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